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8.17 Come mai le tute pressurizzate nel vuoto non si gonfiavano come palloncini?

IN BREVE: Perché avevano uno strato interno di contenimento simile a quello che si vede nei tubi flessibili usati per innaffiare e avevano apposite articolazioni a soffietto, proprio come le tute spaziali che si usano oggi.


IN DETTAGLIO: Alcuni lunacomplottisti si chiedono come gli astronauti potessero flettere le dita dentro i guanti della tuta spaziale e più in generale come potessero muoversi, visto che le tute, se fossero state pressurizzate come sostiene la NASA, nel vuoto si sarebbero gonfiate come un omino Michelin, diventando rigidissime. Eppure le foto delle missioni Apollo mostrano che gli astronauti sulla Luna si muovevano piuttosto agevolmente, con tute che non presentano alcun segno di rigonfiamento, sono assai flessibili e sono sorprendentemente flosce e spiegazzate.

Per capire che la tesi è sbagliata basta considerare che non si gonfiano neanche le tute spaziali statunitensi, russe e cinesi usate oggi dagli astronauti di vari paesi che lavorano all’esterno della Stazione Spaziale Internazionale e nelle missioni spaziali cinesi e non si gonfiavano neppure le tute usate per le missioni Skylab e Shuttle e quelle usate dai cosmonauti russi delle Soyuz e della stazione Mir, quindi una maniera di risolvere questi presunti problemi ci deve essere. Questa maniera è, ancora oggi, fondamentalmente la stessa introdotta dalle tute spaziali sovietiche e statunitensi negli anni Sessanta del secolo scorso.

L’equivoco dei lunacomplottisti deriva probabilmente dal fatto che non conoscono la struttura delle tute spaziali Apollo. Ciascuna tuta era infatti composta da due tute, indossate una sopra l’altra: una interna pressurizzata (in blu in Figura 8.17-1), che è poco conosciuta perché raramente fotografata da sola, e una esterna non pressurizzata (in bianco nella stessa figura), che è quella che si vede in tutte le fotografie delle escursioni lunari Apollo.

Figura 8.17-1. Rappresentazione artistica in spaccato di una tuta spaziale completa (tuta interna pressurizzata e tuta esterna protettiva floscia). Credit: Paul Calle.


La tuta interna, denominata Pressure Garment, era la parte ermetica che racchiudeva il corpo dell’astronauta. Era pressurizzata soltanto a circa 0,3 atmosfere (un terzo della pressione atmosferica normale sulla Terra) per ridurre la sua tendenza a gonfiarsi e irrigidirsi ed era realizzata prevalentemente in neoprene nel quale era integrata una rete di contenimento non espandibile.

Questa tuta interna, insomma, si poteva espandere soltanto fino al punto in cui questa rete risultava tesa. Se si immagina un palloncino collocato dentro un sacchetto di retina o si guarda la struttura di un tubo flessibile per innaffiare, si ha un buon esempio di strato di contenimento.

Inoltre le dita, le spalle, le ginocchia e i gomiti della tuta avevano articolazioni a soffietto che facilitavano i movimenti ed erano progettate per essere flessibili senza però gonfiarsi (Figure da 8.17-2 a 8.17-5).

Figura 8.17-2. Gene Cernan verifica la taglia dello strato ermetico della tuta spaziale, il Pressure Garment. Si notano le articolazioni a soffietto anche sulle dita. Foto NASA AP17-72-H-253.


Figura 8.17-3. Charlie Duke (Apollo 16) prova la flessibilità del Pressure Garment della tuta spaziale.


Figura 8.17-4. Una foto a colori del Pressure Garment della tuta Apollo.


Figura 8.17-5. L’astronauta Harrison Schmitt prova il Pressure Garment di una tuta Apollo.


Lo strato esterno, mostrato in Figura 8.17-6, è realizzato in materiali ignifughi e resistenti all’abrasione e serve come protezione termica e per riparare l’astronauta dai micrometeoroidi, particelle microscopiche di polvere che viaggiano nello spazio ad altissima velocità e colpiscono gli astronauti sulla superficie lunare come finissimi proiettili, che vengono fermati dagli strati multipli della tuta esterna.

Figura 8.17-6. Ron Evans (Apollo 17) verifica l’elevazione massima del braccio mentre indossa il Pressure Garment e, sopra di esso, la seconda tuta di protezione contro incendi, variazioni termiche e micrometeoroidi.


In sintesi, le tute spaziali Apollo non sembrano pressurizzate perché quello che vediamo normalmente è il loro strato esterno, che appunto non era pressurizzato.