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10.4 Gli astronauti rimasero in orbita terrestre?

IN BREVE: No. Qualunque astrofilo li avrebbe potuti avvistare.


IN DETTAGLIO: Alcuni lunacomplottisti, come per esempio Bart Sibrel, sostengono che gli astronauti delle missioni Apollo partirono realmente con i loro vettori Saturn V e rientrarono con gli ammaraggi che il mondo vide, ma in realtà non andarono sulla Luna: rimasero nascosti in orbita intorno alla Terra.

In questo modo, si dice, gli astronauti non avrebbero dovuto affrontare le radiazioni delle fasce di Van Allen, che secondo Sibrel e colleghi sarebbero letali, e avrebbero potuto effettuare le trasmissioni televisive in cui mostravano di essere in assenza di peso dentro il veicolo spaziale. Soltanto le riprese lunari sarebbero state falsificate, riducendo notevolmente la portata della messinscena e il numero dei partecipanti alla finzione. I veicoli sarebbero stati realmente funzionanti e soltanto un ristretto gruppo di addetti avrebbe dovuto sapere del cambiamento di rotta.

La partenza sarebbe stata reale, il rientro sarebbe stato altrettanto autentico e gli astronauti sarebbero davvero stati nello spazio, in un luogo dove nessuno avrebbe potuto incontrarli per sbaglio e nel quale avrebbero subìto realmente gli effetti fisiologici dell’assenza di peso.


Figura 10.4-1. Cosa ci fa un modulo lunare in orbita intorno alla Terra? Semplice: è il suo collaudo effettuato durante la missione Apollo 9. Dettaglio della foto AS09-21-3183.


Sembra facile, per come lo descrivono i lunacomplottisti. Ma questo scenario si scontra in partenza con l’impossibilità di falsificare, con la tecnologia degli effetti speciali degli anni Sessanta, le riprese televisive e cinematografiche sulla superficie della Luna.

Poi c’è la questione dei segnali. Le trasmissioni radio e televisive degli astronauti sarebbero arrivate dall’orbita terrestre anziché dallo spazio profondo, comportando una vistosissima differenza di puntamento delle grandi antenne riceventi situate nei vari continenti (in California, in Australia e in Spagna).

Un’orbita intera intorno alla Terra al di sotto delle fasce di Van Allen dura non più di un paio d’ore, per cui le antenne avrebbero dovuto ”inseguire” il veicolo degli astronauti man mano che si spostava rapidamente nel cielo, mentre durante un’escursione lunare reale sarebbero rimaste puntate costantemente verso la Luna, inseguendola nel suo lento spostamento in cielo.

Il puntamento sbagliato delle antenne sarebbe stato visibile non solo ai tecnici, ma anche ai profani nelle vicinanze, che si sarebbero chiesti come mai non puntavano verso la Luna.

Inoltre i sovietici, in gara con gli Stati Uniti per raggiungere il prestigiosissimo traguardo della Luna, si sarebbero accorti della messinscena usando i propri radiotelescopi.

Se ne sarebbero accorti anche i radioamatori, come Sven Grahn, che ascoltarono le trasmissioni radio dai veicoli Apollo puntando le antenne verso il nostro satellite: avrebbero notato che il segnale spariva periodicamente quando la capsula, nella sua orbita intorno alla Terra, calava dietro l’orizzonte locale.*

* Tracking Apollo-17 from Florida, Sven Grahn, Svengrahn.pp.se.


C’è anche un’altra obiezione che rende vistosamente assurda la tesi del ”parcheggio in orbita”: i veicoli sarebbero stati visibili da Terra. Qualunque buon astrofilo sa che anche i piccoli satelliti per telecomunicazioni sono visibili nel cielo notturno (e guastano molte fotografie astronomiche) perché restano illuminati a giorno dal Sole mentre sorvolano le zone del pianeta dove è già calata la notte o deve ancora albeggiare. Un veicolo grande come l’Apollo (con o senza lo stadio S-IVB) non sarebbe passato inosservato.

Per esempio, la Stazione Spaziale Internazionale, le stazioni spaziali cinesi della serie Tiangong e anche i veicoli Soyuz russi e Dragon statunitensi, che orbitano intorno alla Terra a distanze maggiori rispetto a quelle ipotizzate per l’orbita di parcheggio dei veicoli Apollo, sono visibili a occhio nudo con estrema facilità: sono punti luminosi che si spostano rapidamente nel cielo, documentabili con una semplice fotocamera amatoriale e fotografabili anche in notevole dettaglio con un buon telescopio, come dimostrano le straordinarie immagini pubblicate su Internet da Thierry Legault presso Astrophoto.fr. I loro orari di passaggio e le loro traiettorie sono facilmente disponibili su Internet o tramite apposite app.

I veicoli delle missioni Apollo sarebbero stati quindi facilmente visibili da Terra per le due settimane di durata della finta missione. Avrebbero attraversato il cielo come puntini estremamente luminosi in pochi minuti, attirando inevitabilmente la curiosità e l’attenzione degli astronomi professionisti e dilettanti. Sarebbero stati fotografabili e identificabili con un buon telescopio.

Infatti le missioni Apollo furono proprio avvistate in questo modo, non solo in orbita terrestre ma anche durante il viaggio da e verso la Luna, dagli astrofili e dagli astronomi di tutto il mondo.

Le immagini di Figura 10.4-2, per esempio, furono scattate dall’osservatorio astrofisico Smithsonian a Maui il 21 dicembre 1968 e ritraggono l’Apollo 8, la prima missione umana a circumnavigare la Luna. Mostrano l’accensione dei motori per lasciare l’orbita bassa circolare intorno al nostro pianeta e dirigersi appunto verso la Luna.


Figura 10.4-2. Accensione dello stadio S-IVB dell’Apollo 8. Fonte: osservatorio Smithsonian, Maui.


La stampa italiana dell’epoca segnalò che “Da Honolulu, nel cielo buio e stellato, molti sono riusciti a distinguere chiaramente la fiammata che segnalava l'accensione dei propulsori.”*

* Un bagliore nel cielo di Honolulu, di Giuseppe Josca, Corriere della Sera, 22/12/1968, pagg. 1-2, consultabile presso Apollo 8 Timeline.


Il successivo scarico del propellente residuo dallo stadio S-IVB fu visibile anche a occhio nudo e fu documentato da vari astrofili del Regno Unito.

Anche l’incidente occorso all’Apollo 13, che comportò il rilascio di una nube di ossigeno, fu documentato visivamente da Terra. Addirittura la NASA fu costretta a fare ricorso alle osservazioni telescopiche professionali dell’osservatorio Chabot di Oakland per determinare l’esatta posizione del veicolo danneggiato, in modo da poter calcolare l’ultima accensione del motore del modulo lunare, usato come retrorazzo d’emergenza, e far rientrare sani e salvi gli astronauti.*

* Telescopic Tracking of the Apollo Lunar Missions, Bill Keel, Ua.edu.


La Figura 10.4-3 mostra al centro il Modulo di Comando, il Modulo di Servizio e il Modulo Lunare dell’Apollo 13, a oltre 23.000 chilometri dalla Terra, in rotta verso la Luna, prima dell’incidente. Gli altri quattro oggetti sono i pannelli che racchiudevano il Modulo Lunare per il decollo e venivano espulsi durante il viaggio verso la Luna.

La fotografia fu scattata il 12 aprile 1970 attraverso il telescopio da 60 centimetri di Table Mountain, in California. Le striature diagonali sono stelle, deformate dal movimento del telescopio per inseguire il veicolo spaziale durante i cinque minuti di esposizione della pellicola. Lo stesso osservatorio avvistò il terzo stadio S-IVB e il Modulo di Comando e Servizio di Apollo 8 quando si trovavano a quasi 320.000 chilometri dalla Terra.*

* The Apollo 13 CSLM, W7ftt.net.



Figura 10.4-3. Il veicolo Apollo 13 in rotta per la Luna. Credit: James W. Young.


Va aggiunto, giusto per scrupolo, che le posizioni e gli eventi registrati dagli astrofili e dagli astronomi coincidono esattamente con le posizioni e gli eventi descritti dalla documentazione tecnica della NASA per le singole missioni.